martedì 18 giugno 2013

Il tuo comportamento di fronte al rischio. Prima di fare nuovi investimenti o metterti in proprio ... conosci te stesso!

Fino a quale soglia monetaria siamo disposti ad arrivare per realizzare i nostri investimenti? 

L'avversione al rischio è dovuta solo alla crisi o riguarda strettamente il comportamento dell'imprenditore o aspirante imprenditore a prescindere dal contesto socio-economico?

Se si riuscisse a misurare la attitudine del timoniere ad accettare il rischio e l' incertezza connaturati alla nostra epoca, si potrebbero proporre investimenti e progetti mirati rispetto alla reale capacità dell'imprenditore di assorbire i fattori esterni e le minacce del sistema.
Il rischio è connaturato anche alla presentazione di domande di contributo o finanziamento. In particolar modo se si tratta di bandi a graduatoria con un ammontare predefinito di risorse disponibili: in tal caso, al rischio di non risultare ammissibili si aggiunge quello di risultare ammissibili ma, quale beffa!, non poter percepire il contributo perché scorrendo la graduatoria le risorse sono già state esaurite prima di arrivare alla nostra posizione. Lo scenario, poi, di una posizione remota in graduatoria - tale da indurci a mettere l'anima in pace - è ben diverso dal risultare il primo degli ammissibili non finanziati. In questo secondo caso, infatti, l'altra faccia della speranza di assistere ad un ritiro dell'ultimo dei finanziati è l'ansia, o meglio il rischio, che questa eventualità non si realizzi.

Il punto è: quanto siamo disposti a sopportare il rischio di fallimento di una data iniziativa o anche, partendo svantaggiati, il rischio buono che il progetto - o la richiesta di finanziamento - vada in porto? 
Entro, qui, prepotentemente - e temo senza le necessarie competenze! - nel campo di lavoro di mia moglie psicologa. Chiedo venia a lei e a chi mi legge.
Ciascuno di noi vive il rischio - di impresa, di progetto, di richiesta finanziamento, di internazionalizzazione, ecc. - in maniera diversa e peculiare.
Può capitare, ad esempio, che l'alta avversione al rischio di un imprenditore o di un aspirante imprenditore sconsigli di presentare una domanda di contributo anche se - sulla carta - le probabilità di successo parrebbero buone. Le energie forzatamente indirizzate all'ipotetico bando pubblico potrebbero essere meglio spese in azioni soggettivamente - ma anche oggettivamente - meno rischiose o lunghe, come la richiesta di prestiti bancari. 
Meglio un uovo oggi che una gallina domani. Per alcuni. 
Per altri l'adeguamento alle condizioni imposte dalle banche non vale l'opportunità - seppur gravata da rischio - di far valere la bontà del proprio progetto di impresa o di investimento candidato a contributi a fondo perduto. 
Altri ancora, assai propensi al gioco fino a toccare l'irrazionalità, sono disposti a puntare tutto il proprio patrimonio su una combinazione improbabile di figure sulla slot machine o, magari, la reputazione ed il capitale monetario della propria azienda in investimenti ad alto grado di incertezza.

In altre parole, le scelte importanti non hanno origine unicamente da fattori oggettivi e motivazioni razionali, ma pure dal sistema di preferenze del decisore che, riguardando anche variabili non strettamente monetarie, può dare luogo ad esiti apparentemente irrazionali. 
A meno che non si tenga conto, dal principio, del grado di avversione al rischio del potenziale investitore o start-upper o richiedente contributi pubblici.

Come si può fare a misurare la propensione al rischio di un decisore?

Possono essere usate diverse modalità, più o meno efficaci a seconda del soggetto o del contesto, teorie a cavallo fra le discipline economiche e la psicologia, tecniche dirette o indirette - risalendo, in quest'ultimo caso, alla propensione al rischio di un individuo dopo avergli posto quesiti estranei allo specifico contesto in cui deve prendere la decisione.
Direi, tuttavia, che non conta tanto lo strumento di misurazione quanto arrivare a porsi il problema. La consapevolezza del proprio grado di paura dell'incertezza economica e finanziaria, lungi dall'essere una ammissione di debolezza, rappresenta al contrario un modo assai efficace di valorizzare la propria umanità che, a volte, può manifestarsi come genialità.


Anni fa, poco prima della grande crisi, ad un consulente di banca un po' yuppie che mi consigliava di diversificare il mio portafoglio di titoli con una quota di emergenti ad alto rischio, perché tanto il rischio sarebbe stato ampiamente compensato, io risposi che il mio profilo di investitore era "materasso oriented", ovvero ero più propenso a nascondere i risparmi in casa, o ad investirli in BOT, piuttosto che affidarli ai demoni della new economy. Col senno di poi, credo di aver fatto la giusta scelta: non tanto e non solo per le variabili esterne - pur dimostratesi inquietanti - bensì perché ho assecondato - hic et nunc - la mia avversione al rischio.

Se proprio sei alla ricerca di un modo preciso per misurare la tua propensione al rischio, posso sfoderare la mia tesi di laurea, discussa nel lontano 2002 - non a caso, eravamo ai tempi dello scoppio della bolla speculativa a cavallo del secondo e terzo millennio, dopo anni di euforia clintoniana da new economy. Il tema era proprio la misurazione dell'avversione al rischio, affrontata con l'ausilio della matematica finanziaria.
In soldoni, alla fine proponevo un marchingegno in excel che, in base alle risposte date da un individuo ad un questionario, ne misurava il grado di propensione al rischio.

Modestamente, una genialata incompresa! Ma non recriminiamo ...In estrema sintesi, è possibile trarre utili indicazioni sulla avversione al rischio di ciascuno di noi immaginando di poter scambiare una lotteria che preveda solo due vincite - ad esempio 0 e 100 - con un importo certo. 

Per quale valore monetario sicuro siamo disposti a rinunciare al brivido della lotteria? 

Tendenzialmente, chi indicasse un importo basso - ad esempio 10 "sporchi e subito" - farebbe pensare ad una bassa propensione al rischio. Viceversa, indicando 90 il nostro decisore dimostrerebbe un particolare amore per il gioco, almeno nei casi in cui il premio non supera il valore massimo di 100. 
Il cosiddetto Certo Equivalente può peraltro variare in corrispondenza di diverse poste della lotteria. Insomma, la propensione al rischio può essere indagata attraverso un questionario che identifichi il Certo Equivalente soggettivo con riferimento a diverse lotterie.

Geniale, vero? Forse detta così non  pare una scoperta sensazionale, ma secondo me almeno sposta l'attenzione dal progetto rischioso all'individuo o agli individui che devono prendere la decisione di investimento.
Una maggiore consapevolezza di quanto si è disposti a rischiare aiuta l'imprenditore od aspirante imprenditore a puntare al massimo risultato per lui sostenibile e ad accettare di buon grado eventuali perdite o temporanei stop.

Nel terzo millennio il consulente - di banca, aziendale, finanziario, per l'internazionalizzazione, per il cambiamento in azienda - deve essere anche un po' ... psicologo.



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